Amico Libro – Articolo di Roberto Gnavi sul rapporto fra “beni culturali” e “benessere individuale”

L’associazione di volontariato culturale Amico Libro propone una nuova “pagina di lettura”. Roberto Gnavipresidente della sezione di Torino di Italia Nostra, ha inviato un articolo relativo al rapporto esistente fra i “beni culturali” e il “benessere individuale”. 

Trovate gli articoli pubblicati da Amico Libro a questo link.


Attorno ad un termine così generale come “beni culturali”, che abbraccia evidentemente un enorme arco di entità fisiche e immateriali, certo non è facile istituire una definizione chiara e abbastanza globale, anche se quando fu coniato il termine, con l’istituzione in Italia del ministero, ne fu elaborata una abbastanza complessa.  Così come per il termine cultura, che peraltro si scompone sin dal primo esame in due principali rivoli di significati, uno di cultura come insieme delle conoscenze e dei comportamenti dell’uomo e un altro, di cultura con la c maiuscola, dai confini non precisissimi, in cui si intendono le conoscenze e le abilità umane cui si annette particolare valore.

Ma qui proviamo a chiederci di quanto possano darci non solo in crescita morale generale, ma per il nostro benessere individuale alcune, o moltissime se pur certamente non tutte, delle cose ascrivibili a “beni culturali”.

Sia che parliamo degli oggetti fisici, dal piccolo quasi irriconoscibile frammento archeologico al grande monumento, è chiaro che per fruirne ed eventualmente per gioirne è importante disporre di conoscenze precedenti.  C’è però anche il territorio della percezione della bellezza, che almeno secondo me sfugge largamente ad un bisogno di apprendimenti e condizionamenti precedenti, che trova nella maggior parte dell’umanità una capacità di risposta emotiva preculturale, archetipica.

Sembra che per le forme della natura, sia animale, sia vegetale, sia inanimata esistano fra gli esseri umani gerarchie di valori, di possibilità di coinvolgimento emotivo, molto condivise, se non assolutamente universali.  Pensiamo per esempio alla bellezza del paesaggio.

Ora l’irradiamento di utilità dei beni culturali per me risiede non solo nell’incrementare la nostra consapevolezza culturale-storica del mondo e della creatività umana, con ciò rendendoci fra l’altro cittadini più ragionevoli e collaboranti, appunto molto anche nella possibilità di incrementare il piacere di vivere, e ciò senza sopraffazione né di altri individui, né della natura.

Notiamo, fra l’altro, che a parità di risorse economiche piuttosto scarse, che però non mettano a rischio la sopravvivenza, chi sia in grado di apprezzare certi beni culturali e li abbia relativamente a disposizione, si senta per così dire certo meno derelitto di chi non fruisce di questa dimensione.  Pensiamo a chi ha la fortuna di vivere in un territorio ricco di testimonianze d’arte, o ricco di bellezza di paesaggio, condizione in cui per fortuna si trova una maggioranza di italiani.

I beni culturali, sia in qualche modo materialmente configurati, come opere della natura, dell’arte e testimonianze storiche, sia immateriali, come testi letterari o storici o scientifici, rappresentazioni teatrali, musica, sono definibili come tali, beni culturali, quando vengono visti, sulla base di un certo consenso condiviso e ove possibile consolidato nel tempo, come portatori di valore, meritevoli di essere protetti e conosciuti.

Ma consenso condiviso di chi, meritevoli di essere conosciuti da chi?  Qui il discorso chiaramente diventa più complesso ed anche in parte controverso, ma per fortuna possiamo dire che un vasto ambito di beni culturali, magari inizialmente noti ed apprezzati da pochi, ha la possibilità di essere gradito, di risonare emotivamente per vasti numeri di persone, in certi casi per un potere immediato delle forme, in altri dopo che si siano prima acquisite certe forme di conoscenza, come la conoscenza di un linguaggio, una conoscenza storica, la precedente frequentazione di entità analoghe ecc..

Quindi, diciamo pure, mentre esistono beni culturali che si offrono senza necessità di preparazione per offrire risonanze positive, e pensiamo a certe bellezze naturali ed anche a certe opere d’arte, per altri la fruizione piena o comunque desiderabile diventa possibile a certe condizioni che si possono più o meno facilmente o difficilmente acquisire.

Ora possiamo dire che per quanta negligenza si possa osservare per ora nella tutela dei beni culturali, diffondere in ambiti molto più vasti della popolazione le conoscenze atte ad apprezzarli, non solo sarebbe abbastanza possibile, e non solo renderebbe meno difficile la tutela, ma aumenterebbe la qualità della vita di tanti.

Perché i beni culturali sono lì, in buona parte a disposizione di tutti, per fruirne non c’è bisogno di possederli, e fruirne, se ne siamo in grado, non solo può farci star bene, ma contribuisce a distoglierci dall’eccesso di tante feroci istanze competitive e falsi bisogni, presenti in ogni epoca, ma così evidenti in questa.

Non è neanche così indispensabile essere stati cresciuti fin da bambini con questo nutrimento di strumenti culturali, una certa disponibilità ad essere “catturati” può rivelarsi anche più avanti, in presenza di stimoli adeguati.

E questo possesso “gratuito” dei beni culturali e di una certa capacità stagionata o recentemente acquisita di apprezzarli può veramente rendere migliore la nostra vita, meno dipendente dalla nostra posizione sociale, dal nostro benessere materiale, dal successo che possono aver avuto i nostri progetti ecc.

È pur vero che si può essere dotati di straordinario intelletto e di grandissima cultura, in grado di apprezzare in qualsiasi forma le opere dello spirito, e tuttavia essere prevalentemente infelici.  Non solo, ma è una condizione frequentissima proprio fra tanti creatori di opere d’arte e di conoscenza.   Ebbene, forse possiamo dire cinicamente che la cultura può migliorare la vita proprio per una maggioranza non eccelsa dell’umanità, meno dotata di creatività ma anche meno affetta dai conflitti nevrotici che così spesso tormentano i grandi creativi.

C’è poi, oltre al possibile piacere immediato individuale del fruire dei prodotti della cultura, l’effetto generale che si ripercuote sulla comunità, soprattutto emanante dalla conoscenza storica e dalle grandi opere sia drammatiche sia di riflessione filosofica che ci aiutano a comprendere e relativizzare, ridimensionare gli avvenimenti che ci circondano e le informazioni che ci grandinano addosso. 

Ma veramente, a parte questa dimensione di crescita civile che può dare la fruizione dei beni culturali e della bellezza del paesaggio, è importante e forse troppo poco menzionata perché elemento “intimistico” ed “egoistico”, l’addizione di benessere personale ovvero la diminuzione di malessere personale che può dare la fruizione culturale.

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