Autismo e Sport, corsa e nuoto per migliorare la vita dei ragazzi autistici

Il 1 giugno 2016, nella pista di atletica di Borgaretto, Gabriele Trapani ha corso per un’ora di fila. Nulla di eccezionale, se non fosse che Gabriele è un ragazzo autistico, che si è allenato tre anni per raggiungere questo obiettivo: si è fatto il fiato, come si dice in gergo, ma soprattutto ha imparato a controllare la propria corsa, senza saltellare, usando le braccia nel modo giusto, e anche le sue stereotipie – quei movimenti ripetitivi tipici dell’autismo – si sono attenuate. Soprattutto, ha imparato a rimanere concentrato per un’ora su un unico obiettivo, impresa – questa sì – davvero eccezionale per un ragazzo autistico.

Gabriele ha dimostrato che è possibile abbattere la barriera della separazione, dell’esclusione dallo sport. Ha aperto una strada che altri ragazzi, insieme alle loro famiglie, potranno percorrere: è questo l’impegno di “Autismo e Sport”, associazione onlus nata a Torino nel 2013, con l’obiettivo di avviare attività sportive strutturate per le persone con autismo, segue sulle linee guida del “Progetto Filippide”.

Corsa e nuoto, con lezioni aperte a tutte le persone con autismo di ogni età (si va dai 7 anni del più giovane fino ai 42 del più grande) e gravità, sono le discipline su cui si cimenta “Autismo e Sport”. 15 ragazzi sono impegnati nella corsa, seguiti da due istruttori, mentre ben 32 vanno in piscina, suddivisi in tre gruppi di lavoro e accompagnati da quattro istruttori, tutti professionisti preparati a seguire gli atleti autistici nelle attività svolte nello spogliatoio e durante le lezioni. C’è sempre una psicologa presente, mentre Pietro Cristini – ideatore e promotore del progetto – detta le linee guida: “Ma è sempre un lavoro di team – spiega – perché sono tanti gli aspetti da tenere in considerazione, non solo sportivi. Noi impostiamo un lavoro regolare, per ogni atleta viene compilata una scheda di valutazione delle capacità, delle potenzialità e degli sviluppi possibili, aggiornata ogni due mesi, ma non è sufficiente. Questi ragazzi hanno difficoltà di comunicazione, basta pensare che lavoro con Gabriele da 5 anni, e non solo non mi ha mai parlato, ma non mi ha mai guardato in faccia, che per lui sarebbe un segno di grande confidenza. Hanno una soglia del dolore molto bassa e non sempre sopportano lo sforzo. La pratica sportiva deve essere salute e divertimento, quando lavori con un ragazzo autistico devi tenere in considerazione tutti questi aspetti. Noi facciamo tutti i test e i riscontri del caso, ma il primo riscontro è emozionale. Guardo i loro visi, spesso inespressivi, quando si divertono sbocciano come un fiore…”

C’è amore per lo sport ma soprattutto c’è tanta umanità, nelle parole di Pietro Cristini. Nell’attività di “Autismo e Sport” i progetti educativi e di autonomia si integrano alla preparazione sportiva, o meglio la pratica sportiva è uno strumento funzionale al benessere fisico, alla valorizzazione delle potenzialità e al miglioramento delle autonomie personali, del’autostima e della consapevolezza delle persone affette da autismo.

“Abbiamo i tempi delle performance e i risultati dei test – conclude Pietro Cristini – che ci raccontano i miglioramenti sportivi dei nostri atleti speciali. Lo sport li aiuta a controllare il corpo ma soprattutto la mente, corsa e nuoto hanno effetti tranquillizzanti, stabilizzanti: il vero riscontro, quello più importante, ce lo danno la psicologa e le famiglie: se questi ragazzi, dopo aver fatto sport, stanno meglio, vuol dire che abbiamo vinto tutti”.

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