RUBRICA / Il Vol.To del Cinema: “Si può fare”

Si ride e si piange guardando “Si può fare”, diretto da Giulio Manfredonia nel 2008, con Claudio Bisio, Anita Caprioli, Giorgio Colangeli e Giuseppe Battiston.

Seguendo il registro della commedia il film si affaccia sul complesso universo del disagio psichico all’indomani dell’entrata in vigore Legge Basaglia: è il 1983 chiudono gli ospedali psichiatrici e l’alternativa è tutta da costruire. Da qui comincia l’avventura collettiva della Cooperativa 180, ispirata alle tante storie vere delle realtà sociali che sorsero in quegli anni per ricollocare le persone uscite dai manicomi.

A guidare la Cooperativa 180, non per scelta ma per ripiego, è Nello (Claudio Bisio). Tra sorrisi e lacrime Nello decide di valorizzare le potenzialità del gruppetto “sgarruppato” che si trova a dover gestire, scommettendo tutto, contro tutti, sulla libertà, creatività e intelligenza di queste persone. C’è l’entusiasmo dell’inizio, lo sconforto davanti agli ostacoli che inevitabilmente si presentano, la difficoltà delle relazioni umane, la tentazione della superbia e la tenerezza del ricominciare dopo gli sbagli.

Non è un film dalle emozioni in bianco e nero, non ci sono i giusti contro i cattivi: “Si può fare” svela con grande realismo il complesso caleidoscopio della natura umana, sfiorando con leggerezza l’universo della follia, e consegnando allo spettatore l’itinerario umano di chi vede un problema e con buona volontà prova a dare una risposta.

Un film che da voce a tutti coloro che, nel silenzio, si mettono in gioco e provano cambiare la storia e a cui la storia, alla fine, da ragione. Un film da vedere, ma anche da rivedere perché le corde che tocca sono tante e ad ogni visione si può scoprire una nota diversa.

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